Le cellule staminali sono tanto affascinanti quanto sfuggenti. Per studiarle, i ricercatori hanno inizialmente utilizzato metodiche tradizionali ma si sono presto resi conto di doverle adattare e innovare per le specifiche necessità di questo nuovo argomento di ricerca. Questo processo d’innovazione tecnologica e metodologica continua tuttora e contribuisce a rendere molto dinamico questo settore della ricerca.
Il nodo cruciale da sciogliere per dimostrare l’esistenza di cellule staminali in un tessuto e svelarne i segreti è l’identificazione del tipo cellulare con proprietà̀ staminali. Infatti, non è semplice distinguere gli elementi capaci di auto-rinnovamento e pluri/multipotenza all’interno di un tessuto complesso. La popolazione staminale, isolata e coltivata in vitro, comprende un mosaicismo di diversi tipi cellulari che si trovano in diverse fasi di differenziazione. Numerosi laboratori utilizzano varie tecniche di rilevazione, isolamento e caratterizzazione delle cellule staminali da tessuto adiposo. Le diverse fasi comprendono: rimozione chirurgica del tessuto in condizioni sterili, digestione in collagenasi/dispasi, isolamento e caratterizzazione mediante marcatori selettivi. Ad esempio, le cellule staminali isolate dal tessuto adiposo esprimono antigeni di superficie come il CD34, CD90, CD105 e CD73 e sono classificate nel gruppo delle cellule staminali mesenchimali.
La tecnica d’isolamento delle cellule staminali utilizzata nella maggior parte dei laboratori si basa sull’utilizzo di un apparecchio denominato FACS (citometria a flusso con separatore cellulare). Questa tecnica, tuttavia, presenta alcune importanti limitazioni che comprendono fondamentalmente la semi-sterilità del campione e la necessità della camera bianca che si traducono in un difficile impiego nella pratica clinica. Oltre ciò anche la generazione di popolazioni cellulari sofferenti e gli alti costi di gestione e manutenzione dell’apparecchiatura.
Come alternativa alla selezione basata sull’espressione di bandierine “fluorescenti”, le cellule staminali possono essere selezionate ed isolate con anticorpi coniugati a microscopiche biglie magnetiche (magnetic-activated cell sorting, MACs, selezione cellulare mediata da magneti). Le cellule legate dagli anticorpi sono trattenute da apposite colonnine magnetiche mentre tutte le altre sono raccolte separatamente. Questa tecnica è stata classificata come “clinical grade” e quindi di uso per la pratica clinica. Anche in questo caso, i limiti “clinici” di questa metodica sono caratterizzati dall’uso degli anticorpi e dall’alto costo dell’apparecchiatura utilizzata.
Il trapianto di cellule staminali, oltre che essere utilizzabile come strumento terapeutico per patologie ben definite (come per le cellule staminali ematopoietiche nelle malattie ematologiche), è un metodo molto efficace per studiare come l’ambiente influenza il funzionamento delle cellule staminali. Cellule staminali da tessuto adiposo possono essere ottenute direttamente dal tessuto adiposo senza dover passare attraverso il laboratorio o attraverso la cosiddetta camera bianca. Di conseguenza, l’attenzione si sta sempre più rivolgendo ai sistemi chiusi non enzimatici giacché rappresentano il mezzo più sicuro ed efficace per la purificazione del tessuto adiposo, senza l’ausilio di collagenasi, sia per la citotossicità riscontrata (ad esempio encefalite spongiforme) sia per la comparabile efficacia Ad oggi nessun sistema sembra raggiungere le caratteristiche ideali per soddisfare quei requisiti stabiliti dalla “International Federation for Adipose Therapeutics and Science” (IFATS) insieme alla “International Society for Cellular Therapy” (ISCT). Ad oggi, vengono presentate delle nuove e promettenti apparecchiature che ci permettono di selezionare ed isolare le cellule staminali senza utilizzate colorazioni fluorescenti. Una di queste si basa su un sistema “puro” di disgregazione meccanica del tessuto, molto facile da usare ma soprattutto meno costoso e più rapido. Il protocollo “Rigenera” è costituito da quattro fasi: 1) prelievo del tessuto; 2) disgregazione del tessuto nel “rigeneracons”; 3) raccolta dei microinnesti ottenuti dopo la disgregazione meccanica; 4) l’iniezione dei microinnesti nel sito della lesione o in combinazione con appositi scaffold. E’ stato dimostrato che il tessuto adiposo lipoaspirato umano microframmentato non modifica assolutamente il contenuto delle strutture stromali così come delle cellule ma riesce ad attivare una serie di cambiamenti molecolari che aumentano le proprietà rigenerative naturali del tessuto ricevente.
Un altro sistema comprende il Body Jet associato al Q-graft, un separatore automatico intraoperatorio che permette l’isolamento della frazione vascolare stromale presente all’interno del tessuto adiposo. In particolare, questa è una procedura di liposuzione che utilizza la soluzione tumescente come un getto pulsato e sottile ad una frequenza specifica. I piccoli cluster di cellule adipose sono selettivamente “lavati” ed “aspirati” allo stesso tempo in un sistema sterile chiuso. In questa maniera il tessuto adiposo aspirato e il fluido d’irrigazione sono separati in condizioni di vuoto che rende superflua la necessità di centrifugazione o qualsiasi altro trattamento aggiuntivo del grasso prima del suo trasferimento. Successivamente il tessuto adiposo, così prelevato, viene trasferito ad un separatore meccanico, denominato Q-graft. Tale sistema prevede un’incubazione a 38°C per 45 minuti del tessuto adiposo prelevato con la metodica body jet ed una successiva filtrazione per ottenere la SVF., quindi con una riduzione notevole del traumatismo che riduce notevolmente la sopravvivenza delle cellule adipose così come l’uso di micro-cluster adiposi rende ragione della maggiore tollerabilità e sopravvivenza in quando si adatta meglio al microcircolo vascolare dell’ambiente ricevente favorendone l’attecchimento.
Dr. Francesco De Francesco; Dr. Michele Riccio.