La rigenerazione dei tessuti danneggiati da traumi, neoplasie, o inevitabili demolizioni chirurgiche, rappresenta da sempre il “sogno” dei chirurghi ricostruttori. Certamente negli ultimi decenni, soprattutto dopo lo sviluppo della microchirurgia, le metodiche hanno acquisito la capacità di riparare efficacemente le lesioni tessutali, ma il “gold standard” del futuro è rappresentato dalla induzione alla rigenerazione dei tessuti, ovvero dalla completa “restitutio ad integrum” dei tessuti lesi e relativo ripristino sincrono della funzione .
La messa a punto negli ultimi anni di metodiche capaci di selezionare le cellule staminali tratte non da embrioni umani, ma da tessuti adulti, quindi senza implicazioni etiche relative alla raccolta degli embrioni e senza il rischio di indurre neoplasie teratogene, ha illuso i chirurghi di poter raggiungere rapidamente il traguardo tanto sospirato di una chirurgia rigenerativa totipotente, sempre capace di “bioindurre” la rigenerazione dei tessuti fino ad ottenerne la restitutio ad integrum.
Purtroppo la realtà non è tutt’ora così favorevole, in quanto la costituzione della “triade rigenerativa” che è alla base di ogni processo rigenerativo tessutale, ovvero l’associazione di cellule staminali adulte orientate, di fattori di crescita specifici per quella linea cellulare, ed infine di uno scaffold biologico tridimensionale capace di accogliere il rigenerato cellulare e stimolarne l’espansione, non è così facile da realizzare.
Un punto fermo è certamente rappresentato dalla tecnica del lipofilling. Oggi, infatti, è possibile raccogliere facilmente cellule mesenchimali adulte del grasso sottocutaneo, all’interno di un lipoaspirato che viene processato per eliminarne le scorie, e poi inoculato nella sede ricevente (mammella, aree cicatriziali piane e depresse, etc… ). Tuttavia risulta evidente come selezionare i fattori di crescita specifici e, sopratutto, costituire uno scaffold biologico adeguato a livello della zona ricevente, non sono ancora obbiettivi facilmente raggiungibili in chirurgia rigenerativa.
Per tale motivo i ricercatori dell’Accademia, in attesa che la Biotecnologia riesca a risolvere tali problematiche, propongono una metodica innovativa in chirurgia plastica rigenerativa che rappresenta un deciso passo in avanti verso la bioinduzione alla rigenerazione dei tessuti. La possiamo considerare una fase intermedia sulla via maestra della rigenerazione indotta, caratterizzata dall’arricchimento del grasso aspirato e processato mediante una sospensione di “microinnesti autologhi” ,ovvero di numerosi frammenti di tessuto autologo, delle dimensioni di pochi micron, ottenuti dalla disgregazione di un tessuto biologico prescelto. Questa metodica, definita “Rigenera”, si basa sull’ipotesi, peraltro verificata dai Ricercatori della nostra Accademia, che la micro-frammentazione del tessuto prescelto consenta di agevolare l’attecchimento del tessuto adiposo innestato nella zona ricevente, di espanderne la linea cellulare ottenendo un tessuto più strutturato e maturo.
In conclusione in attesa che la tecnologia ci fornisca per ogni tipo di ricostruzione tessutale, uno scaffold biologico capace di accogliere l’espansione delle cellule mesenchimali adulte del grasso, puntiamo sull’arricchimento del grasso autologo, non per mezzo di sostanze esogene ma di microframmenti di tessuto appartenete allo stesso paziente, dotati della potenzialità di “donare” fattori di crescita e facilitare la strutturazione di un tessuto maturo nella sede ricevente del lipofilling.
La nostra esperienza clinica, seppur preliminare, suggerisce che questa metodica potrebbe migliorare i risultati ricostruttivi ottenendo buoni risultati morfo-funzionali, pur riducendo al contempo il numero necessario di innesti di tessuto adiposo arricchito.
Michele Riccio