Introduzione
La ricerca negli ultimi 30 anni ha dimostrato l’importanza dell’aspetto fisico nella vita di tutti i giorni[1]. Le persone che sono considerate fisicamente attraenti ricevono un trattamento sociale preferenziale virtualmente in ogni situazione, includendo educazione, assunzioni, cure mediche, processi legali, e incontri relazionali. Chiaramente, nella nostra società l’immagine conta. E senza sorprese, questa enfasi sulla bellezza viene associata alla ricerca della chirurgia plastica.
Per anni, i chirurghi si sono sforzati di migliorare le tecniche chirurgiche per ottenere risultati sempre più elevati e soddisfacenti; tuttavia, l’insuccesso in alcuni pazienti nonostante un intervento tecnicamente e obiettivamente valido, ha aperto una nuova frontiera di ricerca – l’impatto psicologico della chirurgia plastica estetica.
Le persone che cercano la chirurgia plastica sono insoddisfatti a un certo punto della loro vita riguardo qualche aspetto della loro apparenza fisica. In questo modo, i pazienti e i chirurghi plastici – implicitamente – assumono che un cambiamento fisico possa portare a un cambiamento psicologico nel paziente: incremento nell’autostima, soddisfazione dell’idea di sé, autorealizzazione nel lavoro, nelle amicizie, nelle relazioni. La chirurgia plastica può essere quindi vista come un intervento psicologico o, almeno, un intervento con profonde conseguenze psicologiche[2].
Negli ultimi 50 anni, numerose sono state le ricerche e le collaborazioni tra psicologici, psichiatri e chirurghi plastici, convergenti su tre aspetti e momenti chiave della psicologia della chirurgia plastica:
– Il body image: analizzare la formazione e lo sviluppo dell’immagine corporea nel paziente, come viene influenzata e la presenza di eventuali disturbi patologici;
– La visita preoperatoria: identificare le caratteristiche psicologiche del paziente nel momento della visita, per predire l’adattamento psicologico e il funzionamento psicosociale con il cambiamento fisico.
– L’esito postoperatorio: stabilire la probabilità di avere il cambiamento psicologico desiderato nel postoperatorio in seguito a un intervento oggettivamente valido e soddisfacente.
Il body image nella chirurgia plastica
L’immagine corporea è il costrutto psicologico intimamente legato all’aspetto fisico. Nella loro visione, Cash e Pruzinsky[3] definiscono l’immagine corporea come l’insieme di percezioni, pensieri e sentimenti riguardo al corpo e alle esperienze del corpo. In questo modo, le persone non ricercano la chirurgia plastica per cambiare solo l’aspetto fisico ma anche i loro pensieri e sentimenti riguardo al loro corpo. Questo è il tratto psicologico distintivo dei pazienti estetici. Portato all’estremo, questo concetto definisce la chirurgia plastica come la chirurgia del body image3. Molti teorici contemporanei sostengono che la psicologia del body image sia centrale per comprendere i pazienti estetici. Tuttavia, pochi sono gli studi formali riguardo questa relazione.
La visita preoperatoria
Prima di tutto, esistono alcuni aspetti dell’insoddisfazione da indagare al momento della visita. Ai pazienti deve essere data l’opportunità di articolare le proprie preoccupazioni e problemi riguardo il loro aspetto in dettaglio[4]. Bisogna chiedere quando ci si è resi conto dell’insoddisfazione, per quanto tempo hanno pensato all’intervento come possibile soluzione, e cosa ha innescato la richiesta di una visita dal chirurgo plastico. Interventi estetici in passato devono essere indagati nel dettaglio, il cui eventuale insuccesso rappresenterebbe un fattore di rischio per un ulteriore esito negativo.
Aspettative irrealistiche riguardo all’esito dell’intervento possono portare a una scarsa risposta psicologica del paziente. Il chirurgo dovrebbe valutare le aspettative del paziente di tutte le procedure proposte e l’esito che desidera ottenere. Risulta utile distinguere tra aspettative riguardo se stessi e aspettative riguardo fattori esterni (ottenere un lavoro, una relazione, cambiare posizione sociale) [5]. L’evidenza ha mostrato che quest’ultima è di maggior preoccupazione: lo specialista dovrebbe essere molto cauto a sottoporre all’intervento chi vede la chirurgia plastica come una panacea a tutte le delusioni e problemi di vita.
Come parte dello screening, il chirurgo deve determinare se il paziente soffre di disordine di dismorfismo corporeo[6]. Sebbene i trattamenti psichiatrici possano essere efficaci, i pazienti non cercano una consulenza psichiatrica, ma cercano una soluzione chirurgica a un problema psicopatologico. Il disordine occorre nell’1% della popolazione generale; tuttavia gli studi rivelano che dal 7 al 15 % dei pazienti che richiede un intervento estetico possiede il disordine13. Per diagnosticarlo, bisogna indagare il tempo speso ogni giorno a preoccuparsi riguardo l’aspetto fisico, quanto stress causa il difetto percepito, e se questo ha conseguenze nella vita sociale dell’individuo. Il sospetto deve insorgere quando un difetto insignificante non è percepito come tale dal paziente.
I disordini di personalità narcisistica e istrionica, insieme al disordine di dismorfismo corporeo, rappresentano i tre disordini psichiatrici più comuni incontrati nei pazienti che richiedono un intervento estetico. Sebbene abbiano una prevalenza dell’1% circa nella popolazione, il 25% dei pazienti estetici mostra segni di grandiosità e necessità di ammirazione, tipici del disturbo narcisistico, mentre il 10% presenta il disturbo di personalità istrionica[7]. Questi pazienti tuttavia possono rispondere bene alla chirurgia se è data loro la giusta attenzione.
Eccetto per il disordine di dismorfismo corporeo, unica controindicazione assoluta[8], gli altri rappresentano motivo di cautela sia per il chirurgo, sia per il paziente, che può vedere risolti i propri problemi anche con trattamenti alternativi.
Il risultato postoperatorio
L’esito dell’intervento è in stretta relazione al tipo di intervento eseguito, a sua volta intimamente connesso con le caratteristiche psicologiche dell’individuo22.
Anche se esistono parecchi studi circa le relazioni tra aspetti psicologici e diversi interventi di chirurgia estetica[9],[10],[11],[12],[13],per quanto concerne l’ambito del lipofilling a scopo estetico rimane tuttora un ambito poco studiato. Di fatto, nell’ambito della letteratura scientifica, solo uno studio italiano si è occupato finora di valutare gli esiti psicometrici dopo intervento di lipofilling al volto per lipoatrofia da farmaco antiretrovirale[14]. I risultati sono stati ampiamente positivi, avendo infatti ottenuto un miglioramento della soddisfazione personale circa l’estetica del proprio viso, un miglioramento del proprio body image e una riduzione della depressione legata al difetto estetico.
Conclusioni
Emerge che la maggior parte dei pazienti che si sottopongono a un intervento di chirurgia plastica mostrano buoni esiti in termini psicologici e psicosociali. La ricerca futura sarà necessaria per assistere i chirurghi nel meglio identificare, prima dell’intervento, quegli individui che possano beneficiare dell’intervento e chi no, con metodologia rigorosa e standardizzabile. Gli studi dovranno attentamente caratterizzare la popolazione in studio, identificare gli obiettivi, usare misure appropriate, e seguire a lungo termine gli esiti psicologici. Per quanto concerne infine l’ambito del lipofilling, sebbene i dati siano ancora pochi, tale procedura sembra avere un buon riscontro psicologico, simile agli altri interventi di chirurgia estetica.
Luca Vaienti, Andrea Marchesi
Bibliografia
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