Le ulcere cutanee agli arti inferiori rappresentano, tra le complicanze dei pazienti affetti da diabete, quelle con il più pesante impatto sociale ed economico, ritrovando nei lunghi follow-up ambulatoriali, nell’aumento dei ricoveri e nel drastico abbassamento della Qualità della vita del paziente le ragioni di tale primato. Il rischio per un paziente diabetico di sviluppare un’ulcera è del 25% e la lesione porterà in almeno il 14% di tali pazienti ad un’amputazione maggiore o minore.
Nei pazienti diabetici arteriopatici l’entità delle ulcere cutanee degli arti può compromettere la guarigione ed il susseguente recupero, nonostante un’eventuale rivascolarizzazione con successo. Per questo motivo una guarigione delle ulcere dopo rivascolarizzazione rappresenta un momento fondamentale nel programma multidisciplinare di guarigione al quale vengono sottoposti questi pazienti. I farmaci disponibili mantengono un “macro-ambiente” ideale per aiutare la guarigione delle ferite ma non modificano in modo significativo il suo decorso naturale.
Riportiamo qui la nostra esperienza con l’uso di due omologhi, i tessuti ricchi di MSCs insieme a metodiche standard di cura per migliorare la guarigione delle ulcere diabetiche degli arti inferiori nei pazienti arteriopatici. Le Cellule Staminali Mesenchimali (MSCs) sono note per il loro potenziale terapeutico nella guarigione grazie alla produzione di immunomodulatori, fattori pro-angiogenici chemiotattici che giustificano il crescente interesse di diversi rami medici verso queste cellule progenitrici.
Tra il gennaio 2012 e agosto 2013 presso il nostro ospedale sono stati sottoposti ad una rivascolarizzazione degli arti inferiori circa 200 pazienti affetti da ulcera arteriopatica cronica profonda; per il nostro studio abbiamo arruolato soltanto pazienti diabetici al quale è stato chiesto di ricevere o membrana amniotica o innesto di tessuto adiposo come trattamento complementare.
In tale periodo di tempo abbiamo, quindi, trattato 17 casi particolarmente gravi di ulcere arteriose croniche degli arti inferiori (tutti classificabili tra il II e il III stadio in base alla classificazione delle ferite sec. Texas); tali pazienti sono stati presi in carico da noi dopo essere stati sottoposti a rivascolarizzazione ed abbiamo utilizzato, oltre alle metodiche standard utilizzate nella cura delle ferite, membrana amniotica crioconservata (in 9 pazienti) o innesto di tessuto adiposo arricchito (in 2 pazienti) / non arricchito (in 5). Tutte le ulcere sono state preventivamente sottoposte a toilette chirurgica mediante un sistema ad ultrasuoni (SonicOne®)
16 pazienti su 17 hanno raggiunto la guarigione dell’ulcera (in 9 casi assieme ad rivascolarizzazione permanente); l’ulcera non ha presentato ricadute nei 7 pazienti che sono stati sottoposti ad intervento vascolare per ri-occlusione.
Il risultato è stato stabile al termine del follow-up (risultato di 15 mesi).
Il tempo medio di guarigione dell’ulcera dopo l’ultimo intervento chirurgico per i 16 pazienti è stato di 26,3 giorni.
Il tessuto adiposo è stato prelevato e raccolto attraverso un sistema chiuso sfruttando la Water Assisted Liposuction (sistema Body-Jet® con LipoCollector®). In 5 pazienti in cui era presente un’esposizione minima del tendine o dell’osso (inferiore al 10% della superficie della ferita), il tessuto adiposo ottenuto è stato iniettato nei bordi e nel letto dell’ulcera ad un cm di profondità. La quantità di lipoaspirato iniettato variava da 10 a 30 ml.
In 2 degli 11 pazienti che, invece, presentavano una maggior esposizione tendinea od ossea, il tessuto adiposo ottenuto è stato elaborato attraverso il sistema Celution: il prodotto (circa 5 ml) è stato poi risospeso in 20-30 ml di tessuto adiposo per creare il cosiddetto “grasso arricchito”.
Nei restanti 9 pazienti, dopo aver effettuato il debridement, abbiamo posizionato e suturato sul fondo dell’ulcera una membrana amniotica crioconservata.
Dopo due settimane, 16 delle 14 ulcere trattate hanno presentato un valido tessuto di granulazione ed abbiamo poi effettuato una copertura mediante un innesto di cute a spessore parziale prelevato dalla coscia o dalla regione glutea. In due casi l’innesto di cute non si è reso necessario poichè le ulcere erano quasi completamente guarite dopo due settimane.
Nella nostra esperienza, sia la membrana amniotica che l’innesto di tessuto adiposo hanno confermato di essere strumenti validi nel migliorare la guarigione delle ferite nei pazienti affetti da ulcera diabetica cronica di II-III grado (secondo la classificazione di Texas), insieme ad un’adeguata preparazione del letto della ferita ed all’utilizzo delle consuete tecniche di chirurgia plastica. Questi tessuti omologhi, non-immunogenici, portatori di cellule progenitrici-citochine- fattori trofici – immunomodulatori ma che conservano ancora la loro struttura tessuto-specifica, sono facili da trattare, richiedono minime abilità chirurgiche e sono adattabili a ferite e pazienti con caratteristiche differenti.
Prof. Pier Camillo Parodi; Dr. Nicola Zingaretti.